Prima lo switch off, poi la Tav. Dietro questi paroloni si nasconde il progresso. Ma si nasconde davvero bene, almeno qui a Salerno. Se la svolta del digitale terrestre è un atto dovuto, la ferrovia veloce che segna l’Italia da Salerno a Milano rappresenta qualcosa di diverso.
L’esponenziale progressione dell’Alta velocità fa da contraltare al definitivo affossamento delle linee tradizionali. Mettendo così fine alla funzione sociale del trasporto su rotaia. I dirigenti della società per azioni che però si chiama “Ferrovie dello Stato” storceranno il naso, argomentando che solo questa può essere la strada per modernizzare l’Italia
e impedire il tracollo del nostro sistema ferroviario. La verità è che con i pendolari non c’è guadagno, meglio puntare tutto sulla concorrenza alle compagnie aeree, mai più ripresesi dopo la strage delle Torri gemelle. Il Frecciarossa è bello, anzi bellissimo. Non è un treno, è una macchina del tempo attraverso la quale ci si proietta nel futuro. Ha come unico effetto collaterale la cancellazione della memoria. Sì, perché la Tav è l’elisir che fa dimenticare a chi sale i problemi quotidiani e ripetuti che ognuno di noi ha quando deve viaggiare in questo Sud che vede il suo confine spostato sempre più verso Nord. Per dirla con l’entusiasta sindaco De Luca, con l’alta velocità “Salerno si collega alla parte più dinamica del Paese, cioè Milano”. Peccato si scolleghi completamente da Nocera, Battipaglia, Sapri, Eboli… Città dalle quali è più lontana di quanto non lo sia da Roma, Bologna e Firenze. Paradosso che purtroppo è realtà, come testimoniano le statistiche. Lo dice Legambiente, che parla di “odissea senza fine per la qualità del viaggio, tra condizioni igieniche carenti, mancanza di servizi essenziali, poca sicurezza”, riferendosi ovviamente ai treni che circolano tra Napoli e Salerno. La maglia nera ce l’ha il mattutino che risale dal Cilento, il quale due giorni su tre viaggia con un ritardo di almeno venti minuti. Questo è il mondo reale, non quello patinato e sofisticato del
meraviglioso Frecciarossa.
Come sono cambiati i tempi. Nel Dopoguerra, i politici facevano campagna elettorale promettendo stazioni anche nei più sperduti paesini di montagna, garantendo pure la fermata dei treni. Adesso la politica alimenta solo la dorsale super veloce, favorendo implicitamente l’eliminazione di tutto il resto. Al solito, si passa da un eccesso all’altro. L’ipertrofia del passato, che ha appesantito la rete ferroviaria italiana come poche altre, si ritrova adesso anemica e svilita nei suoi gangli vitali. E non ci sarà una terza fase. Proprio ieri, tutti hanno escluso la possibilità di un’estensione della Tav al resto del Sud. Per non parlare del miglioramento della rete già esistente, ormai già oltre il collasso. Pensate che c’è ancora chi ha il coraggio di raccontare che esiste la “metropolitana regionale”. Ma costoro hanno mai provato a prendere un treno tra Sapri e Salerno, o a raggiungere Napoli partendo da Eboli? Provino, poi ci facciano
sapere.
La Campania si avvicina al momento delle scelte. Mentre i partiti si parlano addosso, qualcuno e qualcosa si sta già muovendo. E’ il caso di De Luca che, al di là dell’abito da predicatore che ha indossato per nascondere quello da candidato, sta imperversando in Campania raccontando il “modello Salerno”. A breve, dovrà convincere i potenziali elettori che pendolare non è sinonimo di derelitto, e che il verbo viaggiare si può declinare anche dalle nostre parti. Stesso compito andrà assegnato anche all’aspirante governatore del centrodestra, ovviamente. La politica, questa volta, più che salire in carrozza si preoccupi di non perdere il treno. Sarebbe l’ultimo che passa.
Editoriale pubblicato su “la Città” del 6 dicembre 2009
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