La bilancia pende tutta da una parte. Almeno per ora, la campagna elettorale per le regionali sembra avere un solo protagonista: il centrodestra. L’ultima mossa, in ordine cronologico, è quella di scegliere la salernitana Mara Carfagna come capolista a Napoli. Una sorta di marchio di fabbrica di Berlusconi che dell’immagine del ministro per le Pari opportunità fa un messaggio universale da trasmettere alla Campania. Lo spot è sicuramente riuscito, vista anche la popolarità di cui la Carfagna gode. E’ il volto fresco (e affascinante) che meglio si abbina, per provenienza e natali, alla “rinascita del territorio”, secondo il Pdl partita all’indomani dell’intervento governativo sui rifiuti. Della scelta si dichiarano soddisfatti proprio tutti nel centrodestra. E come potrebbe essere altrimenti. Da limare ci sono gli attriti tra il ministro e Cirielli, soprattutto dopo i recenti attacchi venuti da Scafati. Ma, anche per la buona volontà che sta dimostrando il presidente della Provincia, la questione potrebbe finire sotto sedativi.
E i democratici? Solita solfa, anzi peggio del solito. La maggioranza, tutta napoletana, che regge il partito mai nato continua ad imporre la sua linea. Che non ha nulla di strategico, tantomeno di politico. Si tratta di un mero esercizio muscolare nei confronti di quanti sostengono De Luca. L’ennesima riunione, consumatasi nel dopo cena di venerdì scorso, ha il sapore insipido del nulla. Al momento siamo quasi al punto di partenza, in nome e per conto di non si sa bene chi, visto che gli stessi bassoliniani sembrano più realisti del re. O meglio del governatore.
Bassolino sarà a Ravello nel prossimo fine settimana, a celebrare, calendario alla mano, una delle sue ultime occasioni pubbliche da presidente della Regione. Iniziò la sua esperienza a Palazzo Santa Lucia scatenando l’ira di mezza costiera amalfitana (Salerno compresa) quando annunciò di aver preso contatti con Niemeyer per la costruzione dell’auditorium. Dieci anni dopo, andrà a tagliare l’ennesimo nastro, forse quello più significativo della sua lunga carriera da amministratore locale prima ancora che da politico. E, guarda caso, prenderà le forbici tra le mani in una provincia, quella di Salerno, che lo ha visto spesso protagonista ma mai straripante quanto nella “sua” Napoli. Guardando al passato, Bassolino ha sempre calcato le scene salernitane in punta di piedi, spesso entrando solo dopo aver bussato. Stringendo mani che, in altre circostanze, avrebbe volentieri evitato. Per De Luca non nutrirà simpatia ma non gli nega sincero rispetto. Poi i due, per lungo tempo, manco si sono scambiati gli auguri di Natale, ma questo conta poco.
Ecco, è in questo quadro che qualche giannizzero da Roma e da Napoli si intrufola e spiana gli avversari sventolando la bandiera di un “capo” che, vista la sua intelligenza strategica, mai si sognerebbe di piallare in questo modo chi viene da Salerno. I democratici, quelli che si alambiccano il cervello in riunioni e controriunioni senza costrutto, non pensano al confronto con il centrodestra. Tanto quello lo danno già per perso, senza neanche combattere. Guardano al nemico della porta accanto, quello che dovrebbe essere un alleato con cui percorrere la strada insieme.
De Luca vittima del fuoco amico, si dirà. Non proprio. Il sindaco di Salerno dovrebbe smetterla di giochicchiare e annunciare a voce alta, la stessa che usa per illustrare planimetrie e rendering di piazze e parcheggi, la sua candidatura. Meglio smetterla con le minacce di denuncia “a chi dice che mi autocandido”. Perché non ammettere di aspirare al posto di Bassolino? Cosa c’è di male, chi glielo impedisce? Esca allo scoperto, anche perché il suo atteggiamento (solo in questo caso) è troppo simile a quella politica politicante che lui tanto combatte. Davanti a una posizione certa e cristallina, anche il nutrito gruppo dei disfattisti dovrebbe arrendersi. Forse.
pubblicato su “la Città” del 24 gennaio 2010
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