di Angelo Di Marino
Spiazzante. La candidatura di Vincenzo De Luca ha completamente cambiato le carte in tavola. Sono saltati tutti gli equilibri, i tatticismi, le coordinate faticosamente elaborate. Il sindaco di Salerno è un’altra cosa. E’ uno che spariglia e che costringe gli avversari a mutare tattica. Quanto accaduto ieri ne è la chiara testimonianza. Chi altro, nel panorama politico italiano, si sarebbe offerto al giudizio di un intero partito?
Con il classico colpo di teatro (peraltro anticipato ai fedelissimi già tre giorni fa), è salito sul palco da sconfitto e ne è sceso da vincitore. Strappando applausi a scena aperta e sistemando definitivamente il discorso della coalizione.
Da attento osservatore, De Luca sapeva bene che nell’Italia dei valori si giocava una doppia partita, legata sì alla convergenza sul suo nome ma anche, e soprattutto, alla leadership di Tonino Di Pietro. Impensabile che l’ex pm cedesse il passo (e il partito) all’emergente De Magistris, i cui toni marziali poco si addicono alla difficile realtà in cui versa la Campania. Abbinata vincente e biglietto staccato: il sindaco-candidato ritorna da Roma con un risultato che i suoi detrattori mai avrebbero pronosticato. Almeno in questa dimensione.
Alla luce dei fatti, fanno quasi tenerezza le parole di Bassolino che ancora spera in un colpo di coda della fascia extraparlamentare del centrosinistra. La quale, a questo punto da sola, dovrebbe dire “no” a De Luca e combattere una battaglia persa in partenza. Scenario apocalittico. Il governatore uscente fatica a chiudere una stagione lunga e fitta di accadimenti, che lo ha visto cavalcare la cresta dell’onda nei momenti migliori di Napoli e della Campania, salvo nuotare sotto la linea di galleggiamento in questi anni bui e mefitici, divenuti in maniera esponenziale il cavallo di battaglia di Berlusconi e dei suoi alleati. L’effetto De Luca ha fatto da sponda (forse involontaria) alla chiusura di un ciclo. Quello dei bassoliniani, indicati come l’unico male del mondo dai loro stessi compagni di partito non più di qualche mese fa. Nel clima di profonda incertezza in cui ansima il Pd, la figura di Bassolino è sembrata poi divenire nuovamente il salvagente a cui aggrapparsi in assenza forzata di alternativa. E’ bastato che De Luca annunciasse dopo aver giocato fin troppo a nascondino la sua candidatura per far crollare il castello di carte. La tanto invocata “discontinuità” è maturata in condizioni tumultuose, quando si sarebbe potuto invece ragionare ed evitare ulteriori inutili lacerazioni. Proprio come in cuor suo avrebbe voluto lo stesso Bassolino.
Ed è così che la partita per le Regionali si annuncia aperta, più di quanto si potesse pensare solo due settimane fa. Da un lato Caldoro, gentiluomo del centrodestra, il cui volto non è direttamente collegato al nostro territorio. Partito senza urlare, da qualche giorno ha cambiato marcia, passando a toni perentori che lo fanno più vicino al modello del Pdl, dal quale sembrava oggettivamente lontano all’inizio della sua avventura elettorale. Anche lui rivede piani e programmi, tentando di accomunare la figura del sindaco di Salerno a quella di Bassolino, non potendo certo attaccarlo sul fronte dei risultati amministrativi e dei guai con la giustizia (Cosentino docet). Ha il vantaggio di poter sfruttare l’immagine di Berlusconi e la consolidata macchina acchiappavoti rappresentata dal suo schieramento.
De Luca, invece, fa esattamente l’opposto. Non ha marchi di partito da mostrare, tantomeno insegne di corrente. “Campania libera” è l’unica bandiera che sventola in questa campagna, consumata fino a questo punto più a convincere chi già doveva essere al suo fianco che a parlare alla gente. I sondaggi lo danno in rimonta, del resto in Campania si gioca una partita secca, uno contro uno. Partiti ed allenze serviranno fino a un certo punto. Il sindaco, poi, è chiamato a combattere il “voto preoccupato” di moltissimi salernitani che, pur di non perderlo come punto di riferimento cittadino, preferirebbero non vederlo governatore. De Luca è addirittura costretto a rassicurare la cittadinanza. Pur non discutendo il carisma del primo cittadino, forse siamo all’eccesso. Puntando sul voto disgiunto, arma letale per una corazzata come quella del centrodestra, il sindaco-candidato sta rifacendo i conti. E li sta scombinando agli avversari. Basti pensare all’appello lanciato da più di un candidato consigliere del centrodestra al proprio partito: “Non lasciateci soli, qui rischiamo grosso”. Ma il Pdl sembra, al momento, più concentrato su Napoli. A cinquanta chilometri da Salerno il ministro Carfagna, per la prima volta nella sua breve ma folgorante carriera politica, si sottopone all’esame del voto diretto. E non certo per facilitarle il compito, ecco arrivare la candidatura di Alessandra Mussolini, l’unica ad aver dato filo da torcere ad Antonio Bassolino negli ultimi diciotto anni. Partita aperta, allora. Non resta che giocarla. Fino in fondo.
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pubblicato su “la Città” del 7 febbraio 2010
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