di Angelo Di Marino
Dopo la prima mano, il Mondiale gioca a carte scoperte. Tra jabulani, papere e gollonzi viene fuori un quadro che non entusiasma ma neppure ci deve gettare nello sconforto.
Le grandi. Tra gli squadroni ha convinto solo la Germania. Ha segnato più gol di tutti (quattro), lasciando intendere di avere parecchie alternative alla formazione base. Il lavoro di ricostruzione compiuto in questi anni dalla federcalcio e l’abilità del ct Loew rappresentano una garanzia soprattutto in prospettiva. Unico rilievo, non di poco conto, è che all’esordio i tedescotti hanno superato l’esile Australia. Nella hit entra di diritto anche Maradona con la sua Argentina. Diego non è un allenatore piuttosto, alla soglia dei cinquant’anni, un fratello maggiore per i 23 selezionati. Vedere come coccola Messi e abbraccia tutti in mezzo al campo fa davvero tenerezza, restituendo un alone di magia a questo alieno del pallone la cui vita sembra dipinta da Modigliani. Nel rettangolo verde tutto quello che ha toccato lo ha sempre trasformato in oro. Sarà così anche stavolta, vedrete.
Il resto è un disastro. Male la Francia, ripiegata su se stessa e nervosa con l’Uruguay, l’Inghilterra di Capello che si ritrova con la critica contro, e la Grecia andata a picco contro la Corea del Sud. Malissimo la Spagna campione d’Europa, frullata da una Svizzera monumentale, il Portogallo di Cristiano Ronaldo e pure il Brasile che deve ringraziare la lucida follia di Maicon che ha scardinato il bunker messo su dai coreani del nord, capaci pure di andare in gol per rendere ancora più eroica la loro prestazione. Siamo davanti a situazioni molto diverse. Domenech, cittì transalpino sotto tutela, sta scrivendo l’ennesimo capitolo sconclusionato della sua gestione. Non ha saputo rinnovare, ma non ha neanche voluto valorizzare i senatori. Il risultato è una squadra senz’anima, in cui sbalordisce l’assoluta incapacità di concretizzare. Altro discorso quello di Capello. Ancora una volta nella sua carriera non ha gestito il problema portieri. Ricordate al Milan? Non si sapeva mai chi giocava tra i pali. Stesso discorso con l’Inghilterra che da decenni aspetta un estremo degno dei grandi Banks e Shilton. Per il resto don Fabio ha lavorato bene in questi anni a Londra, ma se non inizi a contare dal numero uno la somma non ti riesce. Ai portoghesi, invece, l’effetto Ronaldo sembra fare male. Il fuoriclasse è in forma, forse come mai in una competizione per nazionali. Ma è il collettivo che non funziona, tutti sembrano aspettare il colpo del genio e nel frattempo sono fermi a guardare. Il Brasile ha un Kakà in meno, a conferma di una stagione davvero da cancellare per l’ex milanista, e un Dunga sui carboni ardenti. E’ un cittì che non piace, criticatissimo e che riuscirà ad evitare i pomodori al rientro solo facendosi scudo con la coppa del mondo. Sotto tono la Spagna, imbrigliata dagli svizzeri che alle vuvuzela hanno risposto con i campanacci.
Lippi e l’Italia. E’ molto diverso da quattro anni fa l’approccio al mondiale del nostro commissario tecnico. Era nervoso, teso, imbufalito con il mondo nel 2006. Si trovava in piena bufera Calciopoli, nella quale venne tirato dentro anche il figlio. Portandosi dietro rabbia e rancori, vinse ed entrò nella leggenda. Adesso è sereno, rilassato, quasi riesce a non litigare con i giornalisti, ha sparato a zero su politici e leghisti che fanno i gufi alla radio. E’ un altro Lippi, almeno così sembra. Anche perché nessuno gli chiede del suo futuro e se lascerà la panchina azzurra, visto che tutto è già deciso e Prandelli sarà il suo successore. Non sappiamo, però, quale sia la versione migliore del cittì: inc… nero o serafico? Comunque lui è un vincente, a prescindere. La squadra sta messa meglio di quanto sia emerso dalle analisi dei critici. Il Paraguay ha segnato sull’unico errore della nostra difesa. Prima e dopo il gol non ha mai tirato in porta, tanto che ci siamo accorti che non c’era più Buffon solo dal taglio di capelli sfoggiato da Marchetti, mai impegnato nel suo esordio al mondiale. A centrocampo abbiamo ritrovato Montolivo, in difesa scoperto Criscito (sembra il Cabrini del ’78) e in attacco Pepe. Vanno rivisitati i ruoli affidati a Marchisio e Zambrotta, mentre in avanti Gilardino può far coppia con Di Natale tranquillamente, così come con Quagliarella. Scalpitano Maggio e soprattutto Pazzini, rientrerà Pirlo mentre Marchetti offre garanzie almeno quanto il Buffon di quest’anno che ha giocato solo mezza stagione, peraltro restando invischiato nella melassa bianconera. Insomma, non ci sembra una situazione disperata. Anche perché i nostri prossimi avversari si chiamano Nuova Zelanda e Slovacchia.
Le outsider. Le sorprese sono sicuramente le due Coree, l’Olanda e la Svizzera. Bene il Giappone e il Cile, niente male Stati Uniti e Messico. Tra le africane da non sottovalutare il Ghana, da rivedere la Costa d’Avorio. Uno o più gradini sotto tutte le altre.
Gli arbitri. Livello molto alto, a conferma di come la categoria sia cresciuta in tutto il mondo ed a velocità superiore rispetto all’Italia. Si fischia il giusto e bene, nessuna scorrettezza passa sotto silenzio. L’unico che ha un po’ stonato Webb in Spagna-Svizzera. Per il resto non ne ricordiamo uno, sintomo di grande qualità.
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