Un disastro. Neanche il più pessimista degli italiani avrebbe pensato ad una uscita così ingloriosa. Doveva essere l’anno del bis, si è trasformato nel peggiore mondiale della nostra storia. Dal Sudafrica echeggiano le ultime flebili dichiarazioni degli azzurri, che parlano di “crisi del sistema”, evocando rinnovamenti radicali: “Bisogna puntare sui giovani”, dicono. Sentimmo più o meno le stesse cose dopo il ’74 e di nuovo nell’86 quando Maradona ci sbattè fuori da campioni in carica. Sarà anche tutto vero, ma che lo si dica solo adesso fa un po’ strano. E che a dirlo sia gente, come Cannavaro, che ha già un contratto per fare passerella in Dubai è ancora più singolare. Limitiamoci a prendere atto della disfatta, provando a spiegare le motivazioni tecniche che hanno portato a tutto questo. Cerchiamo anche di capire che prospettive abbiamo con Prandelli che sta per accomodarsi sulla macerie lasciate da Lippi.
I portieri. Lippi non poteva che scegliere Buffon, anche se reduce dalla sua peggiore stagione. Spesso bloccato dalla schiena sgangherata, ha giocato solo a tratti. Fatale, quindi, ritrovarselo fuori strada dopo appena mezza partita, quella col Paraguay. Marchetti è bravo, ma non è Buffon. O meglio, non è il portiere che comanda la difesa, urla e carica i compagni. Frutto della sua inesperienza e dell’approccio certo poco felice con questo mondiale. Ma c’è anche un dato tecnico da non sottovalutare. Marchetti, come tutto il Cagliari, è calato vistosamente nell’ultimo quarto del campionato e la sua porta è risultata tra le più violate in serie A (58 volte, solo Genoa, Livorno e Siena hanno fatto peggio). Del trittico di estremi convocato per l’operazione Sudafrica, il più in forma era proprio De Sanctis, reduce da una stagione positiva con il Napoli. Ma è scivolato in terza posizione nella hit parade di Lippi.
Prandelli, volente o nolente, non potrà convocare Buffon nell’abbrivio della sua nuova esperienza da cittì. L’operazione a cui si sottoporrà il portierone della Juve costringerà ad un rimescolamento di carte non di poco conto. Ormai bruciati Amelia e Abbiati, Marchetti e De Sanctis meritano di restare nel giro azzurro, ma il campionato ha consacrato tra i migliori Sorrentino (Chievo), che è stato il più continuo negli ultimi due tornei, e soprattutto Storari (ora alla Juventus), protagonista di una seconda parte di stagione strepitosa con la Samp di Del Neri. Sono realtà che non possono essere sottovalutate, anche perché in giro non c’è molto altro, a causa dell’esterofilia che da anni propone tra i pali delle nostre squadre brasiliani come se piovesse.
La difesa. Autentico baluardo quattro anni fa, si è dimostrato il reparto più vulnerabile. Lo dimostrano i cinque gol presi in tre partite e, soprattutto, il modo in cui gli avversari li hanno segnati. Il simbolo della disfatta è sicuramente Fabio Cannavaro, il capitano che ha confermato il suo inevitabile declino dopo tanti anni giocati a livelli altissimi. Di avvisaglie, in questi mesi, ce n’erano state, a partire dall’esperienza con il Real Madrid, per non parlare della stagione in bianconero. Solo Lippi non è riuscito ad accorgersene, trasformandolo da totem in San Sebastiano, trafitto dai dardi e sanguinante. Una delle poche sorprese positive è venuta da Mimmo Criscito, che non avrà bisogno di farsi la barba tutti i giorni ma che di certo rappresenta il futuro. Resterà al Genoa, e forse è meglio così. Chiellini ha cantato e portato la croce, nulla gli si può imputare. Zambrotta è al capolinea, ma anche questo lo sapevamo noi, loro, tutti. Da rivedere Maggio, in un ruolo, quello di spinta sulla destra, del quale questa nazionale ha davvero bisogno. Doveva essere il mondiale di Bonucci e forse anche di Bocchetti, ma Lippi non era stato avvertito. Li ha lasciati lì, senza pensare di avere comunque delle alternative. Anche in questo caso, sono le cifre a fotografare la situazione meglio di ogni altra considerazione: il cardine del reparto era targato Juve (Buffon-Cannavaro-Chiellini), proveniente quindi da una delle difese più battute del campionato (56 gol subiti). Con queste premesse, difficile fare meglio.
Il futuro? C’è da verificare Santon, se mai troverà un posto nell’Inter senza italiani. Il panorama è sicuramente meno brillante di qualche anno fa, quando sfornavamo fiori di difensori. Ecco, è proprio l’analisi delle prospettive che abbiamo nei ruoli storici del nostro calcio (portiere, terzino, stopper e libero per dirla all’antica) a confermare che siamo davanti ad una crisi patologica e non passeggera.
(1-continua)
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