di Angelo Di Marino
Le dimissioni di De Luca dal consiglio regionale rappresentano una sconfitta per tutto il centrosinistra. E’ fin troppo evidente che le belle parole spese durante la campagna elettorale dal candidato presidente e dai suoi sostenitori altro non erano che neve al sole. Si sono sciolte in questo luglio caldo e pieno di insidie. Il sindaco di Salerno lascia, anche se fino a ieri mattina si firmava il “capo dell’opposizione”. Il primo malizioso sospetto è che a costringere De Luca alla frettolosa ritirata possano essere i sistematici attacchi al fortino portati dal leader del centrodestra salernitano, Edmondo Cirielli. Per carità, forse il primo cittadino in cuor suo aveva preso questa decisione già prima del verdetto delle urne, ma adesso non si può che parlare di ulteriore sconfitta per tutto il precario sistema che fa riferimento al Pd.
L’addio al consiglio altro non è che la testimonianza diretta della spaccatura profonda che mai si è sanata nei democratici. De Luca non poteva essere il capo dell’opposizione: solo pochi giorni fa, cinque bassoliniani capeggiati da Antonio Valiante si sono qualificati come oppositori ufficiali di Caldoro. Per non parlare delle eterne frizioni con i dipietristi e i mal di pancia di Sel. Così come è evidente che, nei bilanci di De Luca, pesino di più i 160mila salernitani che non il milione e 258mila campani che lo hanno scelto poco più di tre mesi fa.
Salutando gli elettori al Grand Hotel, tre settimane prima del voto, il sindaco parlò di “ultima battaglia, quella della vita”, riferendosi alla sfida con Caldoro. Vero, anche perché le dimissioni di ieri sembrano segnare il definitivo tramonto delle aspirazioni extracomunali del primo cittadino. E dire che, fino a poco tempo fa, pareva sicura una strategia di mantenimento studiata con i fedelissimi, che gli avrebbe permesso di salvare capra e cavoli. Per poi ricandidarsi alle amministrative tra meno di un anno. Cosa è cambiato, allora?
Innanzitutto la consapevolezza di non poter vestire i panni del guastatore che tanto piacciono a De Luca. In consiglio regionale si sarebbe limitato a timbrare il cartellino, visti i numeri della maggioranza e gli umori dell’opposizione. E poi la presa di coscienza di una diversa stagione politica a Salerno, alimentata dal martellamento di Cirielli.
Tirando le somme, il Pd ha sciupato un’occasione. L’ennesima. Proprio nel momento in cui assistiamo ad un altro scandalo a base di dossier, trans, nuova massoneria e telefonate bollenti. Nel quale spunta anche Ernesto Sica, enfant prodige della politica salernitana, anch’egli sindaco ma anche assessore regionale, presidente dell’aeroporto di Salerno, capocorrente ad Assindustria e via discorrendo.
La percezione è che la Campania stava per sprofondare in un nuovo caso Marrazzo, ideato dagli stessi alleati di Caldoro. Che sul suo sito internet continua a tenere in bell’evidenza la scritta “torniamo a sorridere”. Forse farebbe bene a cambiarla. Perché qui non c’è proprio nulla da ridere.
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pubblicato su “la Città” dell’11 luglio 2010
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