Il mistero della loggia P3: la politica in poltiglia

di Angelo Di Marino
Berlusconi li ha definiti “quattro sfigati in pensione”. Sica si è difeso con Caldoro appellandosi come “l’ultimo scemo del villaggio”. Cosentino ha brillantemente chiosato definendo la nuova loggia “una banda del torchio”. Premesso che detta come la dicono loro pare davvero di essere al cospetto di una combriccola di paese, resta la ciliegina sulla torta: “Ma quale dossier, si trattava di una semplice relazione in cui erano raccolte le battute che da sempre circolano nel partito sul conto di Caldoro. E’ solo politica, nient’altro”. Parole e musica cordialmente declinate dallo stesso sindaco di Pontecagnano, in presenza del suo avvocato, ai magistrati romani che indagano sulla loggetta del centrodestra. Insomma, il quadro che esce da questa settimana zeppa di poltiglia è davvero desolante.
Probabilmente ha ragione Sica: è solo politica. E, inconsapevolmente, l’ex assessore ha reso la dichiarazione più grave che mai avrebbe potuto sciorinare. Sì, è solo “questa” politica, sicuramente fatta di angoscianti intrecci e di trame oscure per quanto goffe, che domina in lungo ed in largo nel nostro Paese. A memoria, nel dopoguerra non si ricordano così tanti misteri, indagini, avvisi di garanzia, processi e quant’altro riconducibili in qualche modo ad una sola persona: Silvio Berlusconi. E di certo negli ultimi sessant’anni di cose strane in Italia ne sono accadute.
Il Cesare citato dalla cricca spunta sempre e in ogni luogo. Dalla Sardegna all’Aquila, da Firenze alla Campania, da Arcore a Palermo. Ricordiamo bene il giorno in cui, nel ’94 a Napoli, l’allora premier beccò il primo avviso di garanzia. Eravamo lì. Sembrava l’apocalisse. Ci pensate da quel momento quante altre decine di volte il Cavaliere è finito nelle pagine di cronaca giudiziaria dei giornali? Quasi non fa più notizia, sedici anni dopo.
Eppure qualcosa sta cambiando in lui. Lo dimostrano le dimissioni di Cosentino da sottosegretario. Ha ragione Edmondo Cirielli, presidente della Provincia di Salerno, quando parla di “errore politico”. E’ infatti una plateale ammissione dell’affannoso stato confusionale in cui versa il premier. Che pur di evitare lo scontro parlamentare con leghisti e finiani (e con qualche franco tiratore), ha sfilato dal governo l’uomo che invece aveva difeso a spada tratta dalle ben più pesanti accuse di collusione con la camorra.
“E’ solo politica”, dice Sica. La verità è che questa politica alimenta a dismisura la logica del “contro” e non quella del “per”, dimostrandosi capace solo di produrre veleni tossici e miasmi. Così vengono meno le regole e la già precaria credibilità di cui il nostro sistema politico (non) gode. E poi tutta questa storia conferma quanto da secoli affermano i militari di lungo corso: attenti al fuoco amico. Perché uccide più del nemico.
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pubblicato su “la Città” del 18 luglio 2010

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