di Angelo Di Marino
Tra sei mesi a Salerno si vota. Settimana più, settimana meno. Manco a dirlo, siamo già da tempo in piena campagna elettorale, con le conseguenze, dialettiche e non solo, che ne derivano. Con tutte le cautele del caso, proviamo a disegnare lo stato dell’arte.
Partiamo dallo schieramento che dovrebbe riconoscersi nel logico favorito della competizione, ossia il sindaco uscente. Lo scenario che si prospetta nel centrosinistra è ancora più confusionario di quello del 2006, quando il Pd scelse di contrapporsi con Alfonso Andria al ritorno in sella di De Luca. Al momento sembra chiaro che il primo cittadino si ricandiderà per i fatti suoi, proponendo ai salernitani un paio di liste civiche, proprio come quattro anni e mezzo fa. Lo ha detto e ridetto, figuriamoci se con questi chiari di luna non lo farà. Del resto, è reduce dalla battaglia (persa) alle Regionali, dove si è sempre presentato, anche alla folla del Plebiscito, con il suo marchio “Campania libera”, mai abbinandosi a partiti e correnti. Consumata l’ennesima rottura con Di Pietro, che si turò il naso in primavera per evitare l’avanzata di De Magistris nel suo stesso partito, sarà l’Italia dei Valori a proporre un suo candidato alternativo. Forse lo farà alleandosi con la pattuglia di Sinistra, Ecologia e Libertà. Conoscendo i caratterini che contraddistinguono entrambi i partiti, non è detto si arrivi al candidato unico. Inutile dire che, all’ultimo momento, pretenderanno visibilità anche i comunisti extra parlamentari, ora federati, con un loro uomo. Resterebbe il Pd, solo soletto e senza il briciolo di un alleato. A livello cittadino, si tratterebbe di grana di poco conto, dato che la massima espressione dei democratici di area deluchiana, cioè la maggioranza del partito, potrebbe essere quella di fare una lista per il consiglio con ovvio appoggio al sindaco uscente. Vista un po’ più in generale, ossia da Napoli e da Roma, la questione finirebbe per rappresentare un ennesimo elemento di strappo con il resto del partito.
Apriamo il capitolo centrodestra, che a Salerno per la prima volta dopo decenni si trova a gareggiare per il Comune avendo tra le mani il timone della Regione e della Provincia. E’ un dato statistico che, nel caso specifico, potrebbe rappresentare una variabile difficilmente gestibile proprio dal Pdl. Sul territorio, il peso specifico della Regione napolicentrica conta davvero poco, anche dopo l’avvento di Caldoro che, peraltro, viaggia con il freno a mano tirato. E’ qui che si inserisce il concetto separazionista portato avanti da Cirielli il quale, così facendo, continua a impallinare la concorrenza interna, alimentando quell’autentico serbatoio di consensi e di alleanze che si identifica nel movimento “Principe d’Arechi”. Che non sarà un partito ma che alla fine è diventato una realtà politica (e numerica) con un suo appeal ben definito. Quindi il Pdl-Principe d’Arechi proporrà Anna Ferrazzano, alla luce dei risultati dell’ultimo sondaggio. Avvocato di qualità e persona per bene, la vicepresidente della Provincia si è dimostrata leale e mai fuori contesto rispetto a Cirielli, smentendo quanti la vedevano un anno e mezzo fa ancora vicina alla Carfagna, con cui aveva condiviso l’abbrivio della sua carriera politica. Sarebbe alla prima esperienza diretta con le preferenze. Quello che farà il Pdl-Principe d’Arechi scatenerà, a prescindere, la reazione dell’ala Carfagna. Proprio il ministro, ieri a Salerno, ha rincarato la dose parlando di “metodi bolscevichi” adottati dal suo concorrente interno. Ne verrà fuori un’altra lista (una civica) con Zitarosa e qualche altro rancoroso con Cirielli. Il ministro, però, non arriverà allo strappo estremo, cioè quello di proporre un candidato sindaco alternativo. Poi, dietro le quinte, ogni alleanza è possibile.
Capitolo De Mita. Il presidente della Provincia continua a dire che il problema con l’Udc è solo quello personale con il leader di Nusco. Peccato che entrambi rappresentino il top nei rispettivi schieramenti, quindi interpretano anche la voce dei loro partiti. L’Udc andrà da solo con un candidato (Lanocita) e il serio rischio, per il centrodestra, di accordi locali con i democratici. Non a Salerno, ma da qualche parte della provincia sì. Nell’area centrista, inoltre, si sono riposizionati di recente Salvatore Memoli e l’ex presidente della Provincia, Angelo Villani. Sono ormai legati a Cirielli, nonostante entrambi abbiano un passato sin troppo recente al fianco di De Luca. Sempre nel centrodestra, i finiani si schiereranno in autonomia con una propria lista. Possibile anche la discesa in campo della Destra. E ci fermiamo qui.
Fatta la conta, non resta che una considerazione. Salerno, negli anni andati, fu definita “laboratorio politico”, perché all’epoca dialogavano socialisti, comunisti, repubblicani e socialdemocratici in un’ottica di governo che mise all’angolo la Dc e fece da viatico al sindacato di Vincenzo Giordano ed all’ascesa di Vincenzo De Luca. Quanto abbiamo appena tentato di descrivere, invece, sembra più una cervellotica partita a scacchi che un progetto politico. Altro non è, dall’una e dall’altra parte, che la rappresentazione plastica delle lacerazioni personali che si sono consumate e continuano a consumarsi sul territorio. C’è chi non si saluta più dopo aver mangiato nello stesso piatto e chi si ritrova amico fidato l’ex nemico giurato. Specchio dei tempi (politici), si dirà. Certo, anche se seguendo queste logiche il cittadino-elettore non potrà far altro che arrendersi, visto che poco ci capirà. Turandosi il naso e scegliendo il male minore.
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pubblicato su “la Città” del 17 ottobre 2010
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