Salerno: “Io ho visto” di Buffa presentato al Museo dello Sbarco

“Sono parole che non si possono perdere”. Quelle dei sopravvissuti, dei testimoni, dei perseguitati,dei parenti delle tante vittime dell’odio, della barbarie della guerra, della follia del nazifascismo. “E sono andato a cercarle paese per paese. Dove ci sono lapidi più o meno grandi. Dove molto è cambiato da quando passarono da quelle strade i nazi fascisti”. Comincia così “Io ho visto”, l’ultimo lavoro di Per Vittorio Buffa presentato al Museo dello sbarco “Salerno capitale” di via Allende. Trentatrè racconti, trentatrè storie fornite dai loro protagonisti che ripercorrono le vicende drammatiche che caratterizzarono il nostro Paese nel tragico biennio 1943-1945, quando, in tutto lo Stivale, se pur con metodologie diverse, si combattevano tre guerre distinte: quella dei tedeschi contro gli Alleati, quella dei tedeschi contro i partigiani e quella, la più trasversale e feroce, dei tedeschi contro la popolazione civile, costituita per lo più donne, bambini e anziani. Sono loro, o quel che resta di loro, a creare l’ossatura di quello che più che una raccolta di testimonianze appare come un romanzo della memoria, di quel tipo di memoria che, però, si vorrebbe lasciare sepolta nei famosi armadi dell’orrore. Perché se si rispolvera diventa un pugno che arriva violento nello stomaco. Buffa questo pugno l’ha voluto condividere. Insieme alla moglie Paola, per lungo tempo, è andato alla ricerca di coloro che potessero raccontare quegli anni terribili, testimoniare cosa significasse vivere nella paura, subire violenze, assistere all’uccisione di una mamma, di una sorella, di un figlio in fasce. Ecco allora che incontra Cornelia, giovane sartina che mentre sono in corso i rastrellamenti nazisti in un paese dell’appennino tosco emiliano, cerca di salvare sua mamma fasciandole le gambe ferite con il cappotto che stava cucendo. O Francesco, che, a distanza di settant’anni, non riesce ancora a perdonare gli aguzzini che gli hanno portato via ben tredici cari. O Maddalena, Marina, Natalino, Tosca, Vittoria. I loro volti, immortalati per quelli che sono ora, segnati da ricordi troppo pesanti per non lasciare traccia, campeggiano sulla copertina del libro di Buffa: “Anche tra le pagine del volume non ci sono foto storiche, ma solo attuali – spiega Buffa – perché volevo mostrare quello che è rimasto addosso alle persone e capire cosa ha significato vivere 70 anni in queste condizioni”. Ad aprire il dibattito lo storico Guido D’Agostino, a cui hanno fatto seguito gli interventi di Tonia Cartolano (Sky tg24), di Mirella Armiero (“Corriere del Mezzogiorno”), di Gigi Di Fiore (“il Mattino”), e del direttore del nostro quotidiano, Angelo Di Marino.

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