di Angelo Di Marino
Sindaco. Sottosegretario. Viceministro. Sindaco. In quattro-parole-quattro si consuma la parabola quotidiana di Vincenzo De Luca. E’ una sentenza politica in contumacia quella che viene da Roma e che colpisce duro, andando ben oltre l’esclusione dal governo Renzi. Siamo al cospetto di un veto su nome e cognome prima ancora che sul politico, interprete di una stagione che si allunga suo malgrado ed oltre ogni orizzonte plausibile. E a far pesare le ruvide peculiarità del primo cittadino di Salerno sono alleati e nemici, in ugual misura e senza distinzioni. Se il “no” di Lupi e Alfano pesa quanto un macigno sulla testa di Renzi, la lettura della lista dei sottosegretari fa capire ancor di più quanto lo stesso Pd sia stato determinante nell’espellere De Luca dal governo. Nel folto elenco c’è la Basilicata, terra d’origine del sindaco, che rappresenta il Sud. E c’è quell’Umberto Del Basso de Caro, socialista beneventano ora nel Pd, che va a prendere quelle deleghe mai rilasciate da Letta al sindaco di Salerno. De Caro sarà l’alter ego di Lupi, nonostante proprio un salernitano, Pisapia, lo abbia tirato in ballo nel recente scandalo sulla sanità nel Sannio, costato il ministero a Nunzia De Girolamo.
Il venerdì di passione inizia con una telefonata di Graziano Delrio, il braccio destro di Matteo Renzi. La chiamata nessuno la conferma, figuriamoci. Ma l’ex sindaco di Reggio Emilia comunica a De Luca di avercela fatta, nonostante qualche attrito. Nell’elenco da far passare in consiglio dei ministri c’è il nome con accanto la delega alla “Coesione territoriale”. In realtà i contatti erano partiti da tempo ma il patto era quello di mantenere la consegna del silenzio. Sabato scorso, ad esempio, De Luca suscitò qualche curiosità agli osservatori più attenti presenti nel parterre del teatro Verdi, in occasione del meeting sul design dedicato a Gino Finizio, quando per parecchi minuti, con accanto Lapo Elkann, consumò una delicata telefonata con un interlocutore istituzionale, parlando a bassissima voce al cellulare (che non usa portare nella giacca) e coprendo la bocca con la mano per evitare interpretazioni del labiale. La foto, tratta da facebook, si riferisce all’episodio.
Da allora, una settimana trascorsa a smentire un suo impegno di governo, dando dei “fissati” ai giornalisti che ogni giorno gli ripetevano la domanda. De Luca in sette giorni si è preoccupato di spegnere le velleità nazionali, trincerandosi dietro lo slogan “resto a Salerno” come in occasione della trasmissione “S come Salerno” andata in onda a Radio Alfa giovedì. Il podcast qui sotto permette di ascoltare la voce originale del sindaco.
Un copione recitato senza sbavature anche durante la registrazione di “Salerno Città Europea”, la tribuna del venerdì in onda su LiraTv. Neanche una parola sul suo ingresso al governo, ma una serie di indicazioni a Renzi che viene esaltato nonostante tutto: “Il primo risultato significativo è la creazione di un clima di dinamizzazione, di fiducia, di speranza dopo lunghi periodi di sfiducia e depressione: questo è uno dei presupposti per riprendere il cammino. È evidente, però, che la sfida del governo sia terribile e che gli obiettivi programmatici non saranno facili da raggiungere. Ora si dovrà misurare, senza più alibi, la distanza fra le parole e i fatti, fra gli impegni e i risultati. A questa sfida gigantesca è legata la possibilità dell’Italia di farcela o meno ad uscire da questa crisi pesantissima. Abbiamo un Presidente del Consiglio dinamico, che ha una percezione diversa dei tempi e un linguaggio completamente diverso: si cerca di sintonizzare le istituzioni sui cittadini normali e di bruciare i tempi per riavviare un meccanismo di sviluppo. Non saranno, però, le parole a convincere la gente, occorreranno fatti concreti”.
Salvo poi virare all’improvviso e partire con una filippica che sembra proprio il programma di un ministro, guarda caso alla Coesione territoriale: “Siamo un paese scellerato, che non riesce a spendere decine di miliardi: fanno meglio di noi quasi tutti i paesi dell’UE. Non riusciamo a spendere le risorse che abbiamo perché regioni ed enti locali sono delle paludi, perché le procedure sono farraginose, perché le logiche politiche scellerate in base alle quali i fondi vengono distribuiti su logiche clientelari. Io credo che in Campania queste risorse vadano concentrate su tre grandi assi di sviluppo: la riqualificazione della fascia costiera con la valorizzazione dell’economia del mare, della cultura, dell’ambiente, dell’enogastronomia; lo sviluppo della piccola e media industria e dell’artigianato nell’area centrale della regione; la valorizzazione delle aree interne e delle grandi risorse dell’agricoltura. Basterebbe scegliere questi tre assi per determinare straordinari processi di sviluppo. E invece i fondi, soprattutto al Sud e in Campania, servono per tenere in piedi qualche parassita nel campo della finta formazione professionale, per fare opere di finto arredo urbano e non per produrre la crescita di occupazione per i giovani. Il Governo dovrà affrontare anche questa sfida”.
Finita la registrazione televisiva, parte la fase più difficile da ricostruire. C’è chi giura che il nome di De Luca nell’elenco che Renzi sottopone al Consiglio dei ministri non sia mai stato scritto. Chi ci tiene a sottolineare come la riunione dell’esecutivo sia iniziata con ritardo perché c’erano dei nomi da limare. Chi è pronto a salire sul primo Frecciarossa da Salerno per Roma, pronto a gettare le basi logistiche nella Capitale. Chi tiene tra le mani ben due cellulari contemporaneamente, in attesa del via libera ufficiale. Chi si incolla a internet per leggere gli aggiornamenti (suo malgrado anche quelli del nostro sito, il più tempestivo a seguire la vicenda). Chi inizia a capire che qualcosa non va. All’ora di pranzo, va in onda la conferenza stampa di Delrio, dove si snocciola il numero dei sottosegretari ma non i nomi.
E’ la fine di un qualcosa mai iniziato. Nell’elenco ufficiale della presidenza del Consiglio il nome di De Luca non figura da nessuna parte. In molti leggono e rileggono, credendo di aver visto male. A Salerno fioccano i commenti e i complimenti per la nomina che però non c’è. I fedelissimi individuano nel concerto di Rocco Hunt in piazza Amendola l’occasione esemplare per un bagno di folla e un saluto ai salernitani. Sulla pagina facebook del sindaco si moltiplicano gli auguri proprio mentre tra i fedelissimi c’è la certezza che anche stavolta a Roma si potrà andare solo da pellegrini in piazza San Pietro. Renzi non si vede e non si sente, De Luca invece mette la parola fine a modo suo, con una nota che sembra lontana anni luce dai toni inneggianti a Matteo usati solo qualche ora prima.
“Si è avviata oggi a definizione la compagine governativa, con l’individuazione di responsabilità per vice ministri e sottosegretari. E’ importante accelerare al massimo l’azione di Governo, in relazione ad una crisi sociale pesante, ed in un Mezzogiorno nel quale la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli drammatici. Su questo, sull’impiego massiccio e produttivo dei fondi europei, e sul tema decisivo della sburocratizzazione è lecito ora attendersi, da parte di chi, come me e come tanti, è impegnato nel territorio, risposte efficaci e sostenibili”.
Cala la sera e forse anche il sipario. La famosa casella della “Coesione territoriale” è rimasta vuota. Solo gli irriducibili credono in un guizzo finale di Renzi. Sarà pure Carnevale, ma il coniglio tirato fuori dal cilindro è un trucco troppo vecchio per funzionare ancora.
dal blog www.angelodimarino.it
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