Italia-Olanda, la lezione di Balotelli: «Stop al razzismo. L’Italia deve svegliarsi, non solo nel calcio»

Mario BalotelliIl ct Roberto Mancini accanto a Mario Balotelli durante la conferenza stampa prima di Italia-Olanda (foto Ansa.it)

TORINO È tornato. Ruvido, scomodo. Insomma SuperMario. Proprio alla vigilia dell’ultimo appuntamento della stagione, Balotelli torna a parlare. Lo fa da Torino a poche ore da Italia-Olanda, la partita che chiude il trittico d’esordio di Mancini come commissario tecnico azzurro. E lui, Mario, è il ripescato eccellente dopo l’eclissi patita nella gestione Ventura, coincisa con la storica esclusione dai Mondiali. «Sono stato abbastanza male, però non credo serva tanto parlare del passato – spiega l’attaccante riferendosi alla sua esclusione dal giro azzurro – Un’idea su Ventura e su quanto accaduto ce l’ho, ma la tengo per me».

L’occasione è troppo ghiotta per capire cosa pensi uno come SuperMario di come la nostra politica si stia confrontando su un tema a lui vicino e caro, quello dei migranti: «Ci vuole un’Italia più aperta – sottolinea Balotelli – e capace di integrare le persone che vengono da fuori». I toni sono pacati, nessuna polemica, tantomeno l’attaccante azzurro, a quattro anni dalla sua ultima comparsa in Nazionale, la vuole buttare in politica: «Salvini? Basta, quando sarò un politico risponderò…», scherza senza scomporsi. E senza fare una piega rilancia, ricordando che «il razzismo fa molto male e dà fastidio».

È come se suonasse la carica ma senza strafare, ribadendo quell’invito a «svegliarsi» dopo quello lanciato sui social in risposta allo striscione «il mio capitano è di sangue italiano» esposto durante Italia-Arabia Saudita, la partita del suo ritorno in azzurro. Balotelli, nato in Italia da immigrati ghanesi, intenderebbe la fascia da capitano degli azzurri come «un bel segnale per gli immigrati. Il razzismo è qualcosa di complicato, anche per chi l’ha vissuto da piccolo. Non so se quanto si sente alle volte negli stadi sia razzismo o gelosia, ma fa molto male, o comunque dà fastidio».

Fascia a parte, è lui il giocatore più esperto del gruppo scelto da Mancini. Oggi non giocherà, quindi l’appuntamento è rinviato: «Io sono qui per fare gol, non per fare il capitano. Si può essere un esempio anche senza fascia», ribadisce nel momento in cui ha ritrovato quella maglia azzurra che sembrava solo sbiadito ricordo.

«Per me è più facile parlare delle persone che mi vogliono bene, e da quando sono in Nazionale in tanti me l’hanno dimostrato – dice ancora Balotelli –. D’altronde, so che ci sono persone che non ti capiscono fino in fondo, ma non è un problema, perché io sono concentrato di più sulle persone che mi hanno voluto bene e mi hanno aiutato».

Tra le persone a cui Mario vuole bene c’è sicuramente Roberto Mancini, ma parole che sembrano carezze vengono anche dal commissario straordinario della Federcalcio Roberto Fabbricini: «Gli avrà fatto bene qualche lezione del passato, lo vedo messo bene e ricostruito. Forse ha ripreso uno spirito normale».

Balotelli ritrovato (e trasformato) che piace ancora molto all’estero. Le sirene non mancano di certo. «Tutti sanno che Mario è un grande attaccante ed è maturato tanto, potrebbe avere un ruolo molto importante nel gruppo», ha evidenziato Adil Rami, difensore del Marsiglia e della nazionale francese. L’ex giocatore del Milan ha lungamente parlottato con Balotelli al fischio finale dell’amichevole tra i Bleus e l’Italia di venerdì scorso a Nizza. «Non lo stavo convincendo, non ho fatto pressioni. Io non sono né un agente né un allenatore. Abbiamo parlato di tutto e di niente, resta una conversazione tra noi», si è limitato a dire Rami. Che il Marsiglia pensi a Balotelli, del resto, non è certo un mistero.

Balotelli non sorride, e questa è cosa nota. Ma è sulla sua maturazione che l’Italia di Mancini scommette una carta importante. Sperando sia la volta buona.
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Le scelte di Mancini: «Un test che guarda al futuro». Terza amichevole, terza formazione diversa. Roberto Mancini vede come un «test per il futuro» la partita di stasera contro l’Olanda a Torino. La novità più importante è la presenza di Perin in porta sin dal primo minuto. Una formazione inedita scelta da Mancini anche per dare la possibilità di giocare a tutti: «Bisogna costruire qualcosa di nuovo e di diverso. Cambiamo quasi tutti rispetto a venerdì – continua Mancini –. Giocheremo contro una squadra un po’ più esperta rispetto a noi, ma che come noi sta ricostruendo: sarà un buon test per il futuro». Sulla lavagna un 4-3-3, in grado di diventare anche 4-2-3-1: «Jorginho è abituato a giocare a tre, per giocare a due servirebbero ingranaggi e meccanismi rodati», dice Mancini che non crede ci siano difficoltà a segnare perché «abbiamo attaccanti tecnici che hanno gol nelle gambe». (a. d. m.)

Articoli pubblicati dai quotidiani locali del Gruppo Gedi il 4 giugno 2018

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