Dalla Serbia alla Serbia. Da Tokyo a Belgrado come dall’inferno al paradiso. È l’estate di Davide Mazzanti e della sua Italia, quella delle ragazze del volley diventate l’altra sera campionesse d’Europa nella bolgia della Stark Arena sotto gli occhi di ventimila tifosi tutti schierati contro le azzurre. Il giorno dopo il trionfo, Mazzanti sbarca a Fiumicino con la medaglia d’oro al collo. Di buon mattino il rompete le righe che per le sue giocatrici significa le agognate vacanze.
Come si sta sul tetto d’Europa?
«Provo grande orgoglio perché abbiamo fatto un percorso vincente dopo un periodo molto difficile, riuscendo a ottenere un grande risultato. L’ambiente tostissimo come quello della Stark Arena contro una squadra che ci ha messo sempre in difficoltà negli ultimi anni ha fatto il resto. Sono felicissimo».
Gli Europei dopo la battuta d’arresto ai Giochi di Tokyo, proprio contro la Serbia. Quando ha capito che si stava riaccendendo la luce?
«Noi abbiamo sempre spinto per cercare le sensazioni giuste, per riuscire a essere più costanti nel nostro gioco. Alla fine non è stata una lampadina che si è accesa ma un fuoco che abbiamo alimentato costantemente. Devo dire che partita dopo partita questa cosa si è vista».
Cinque su cinque nella prima fase, poi il cammino sempre più sicuro: conferma di una grande personalità.
«Mai messa in dubbio quella, ci mancherebbe. Abbiamo avuto sempre tanta personalità in tutte le manifestazioni che abbiamo fatto, per questo ci siamo sempre ritagliati un posto tra le squadre più forti al mondo. La volta che ci è andata male non cambia quello che siamo».
Difficile smaltire la rabbia accumulata a Tokyo?
«È stato doloroso perché ogni sconfitta va elaborata e ha bisogno di tempo per essere smaltita. Quando siamo andati a giocare l’Europeo avevamo ancora addosso quella sconfitta».
L’occhio della tigre non poteva che essere contro la Serbia, per giunta in casa loro.
«Era già la Serbia in sé a essere uno stimolo. Nelle ultime gare che avevamo giocato contro di loro, pur se punto a punto, sembrava sempre che le rincorressimo. E invece volevamo un po’ sentire una sensazione diversa, volevamo essere noi quelle sopra nel gioco e a guidare la partita. Ci siamo riusciti».
Sestetto base e pochissimi cambi, una decisione diversa rispetto a quella presa ai Giochi di Tokyo.
«Credo che sia stato di aiuto avere un po’ più di stabilità, anche se fino a un certo punto alle Olimpiadi aveva funzionato anche l’altro modo di interpretare l’assetto della squadra. Di certo questa maggior gerarchia ci ha dato più stabilità e da lì poi anche i cambi hanno dato più spinta alla squadra, più intensità».
Come avete festeggiato?
«La vittoria ce la siamo goduta ma abbiamo avuto poco tempo perché dopo poche ore eravamo già in viaggio per l’aeroporto».
L’onda lunga dell’estate trionfale dello sport azzurro cosa porterà alla pratica di base?
«Credo che questo ennesimo risultato importante sia di traino per tutto il movimento. Siamo in un momento storico in cui lo sport di base è in difficoltà, dopo un anno e mezzo di inattività si fa fatica a ripartire. Queste vittorie hanno una grande importanza».
È tornato il pubblico, l’altra sera avete giocato davanti a 20mila persone. È la normalità riconquistata?
«Nel nostro caso è super normalità, altro che storie. Siamo passati da zero a ventimila persone in un palazzetto e da niente a tutto in un attimo. Vivere una partita in un palazzetto pieno e che tifa per la sua squadra non ci capitava da tempo».
Il futuro è dietro l’angolo, vi aspetta un triennio a tutto gas.
«C’è poco da immaginare, ci sono mille competizioni in mezzo prima delle Olimpiadi di Parigi. L’anno prossimo ci sarà la Nations League che preparerà i Mondiali, quello dopo sempre la VNL che precederà gli Europei con la qualificazione ai Giochi da conquistare, poi un’altra Nations League nell’anno olimpico. Il programma è già bello che fatto, dobbiamo solo prepararci cercando di sfruttare le energie che vengono da una stagione sempre stressante come quella del campionato».
Il suo collega Fefè De Giorgi si sta giocando un altro Europeo, quello al maschile.
«Ho sentito Fefè in questi giorni. È una persona che dimostra grande interesse per quello che faccio. È stato bello confrontarmi con lui e credo che in questo suo nuovo percorso avrà bisogno di tempo. Farà un percorso importante per arrivare alle Olimpiadi».
A livello personale come ci si sente a essere passato dalla graticola?
«Io sono perennemente in discussione. Per quello che è successo Tokyo o quando fui esonerato a Piacenza, mi metto in discussione non tanto come allenatore quanto come persona e lavoro ancora di più su di me. Sono sempre in movimento già di mio e dopo questa estate così tosta sarò ancora più alla ricerca di nuovi stimoli per migliorarmi».
Obiettivo Parigi allora.
«No, l’obiettivo è il Mondiale. Viene prima». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato su La Stampa lunedì 6 settembre 2021
Condividi questo articolo
Segui
Be the first to comment on "Mazzanti: «Il segreto del successo? Avevamo il fuoco dentro e non si è mai spento»"