di Angelo Di Marino
Da anni raccontiamo l’emergenza rifiuti in Campania. Mai è capitato di dover spiegare che Salerno e la sua provincia stanno peggio di Napoli. Eravamo abituati, purtroppo, alle scene di passanti e turisti alle prese con improbabili slalom tra i sacchetti a Chiaia come al Vomero. Stavolta facciamo i conti con la monnezza che invade l’Agro nocerino, un pezzo di Cilento e minaccia anche i condomini di Salerno, in un territorio dove le buone pratiche di differenziazione fanno parte dell’uso quotidiano. Una beffa vera e propria: migliaia di salernitani piombano nell’incubo che da decenni rende impossibile la vita ai napoletani. La nemesi rispetto a quanto promesso in lungo e in largo in questi mesi. In campagna elettorale, il premier si era addirittura speso in una populistica eliminazione della tassa sui rifiuti ad uso esclusivo dei cittadini di Napoli, fino a risoluzione del problema. Passato il santo, passata la festa.
Baccano a parte, siamo davvero messi male. A tre anni dal “miracolo” di Berlusconi, a uno e mezzo dalla provincializzazione del ciclo di smaltimento e a uno abbondante dall’insediamento della giunta post-Bassolino tutto è come prima. Anzi, per quanto riguarda i salernitani, peggio di prima. Siamo all’immobilismo totale, dettato dall’evidente impopolarità che porterebbe la scelta di questo o quel sito, di questa o quella discarica. Ne sono un esempio le Province: da mesi avrebbero dovuto indicare delle possibili località dove realizzare impianti ma nessuno lo ha fatto. C’è poi il caso di Salerno, dove il presidente Cirielli dovrebbe dare il via libera (temporaneo) per Sardone ma attende l’avallo dall’assessore regionale Romano, sindaco di Mercato San Severino, già consulente di Bassolino proprio per i rifiuti. Stesso discorso a Napoli. E se è giusto pretendere più attenzione per i salernitani virtuosi, come ha fatto proprio Cirielli alzando la voce con governo e Regione, è altresì lecito che il sindaco De Luca minacci fuoco e fiamme in caso gli lascino i sacchetti in strada.
Siamo ancora una volta al cospetto della politica che prevale sull’interesse comune della gente: le decisioni toccano a chi governa (adesso è il centrodestra) che ora come ora preferisce non scoprirsi. E dire che solo pochi giorni fa la gente ha lanciato un messaggio duro quanto inequivocabile, eleggendo Pisapia e de Magistris, mandando così a quel paese le logiche di appartenenza partitica e di apparato che sono state le vere sconfitte dell’ultima tornata amministrativa.
Nella sostanza, in tanti anni di emergenza non è mai stato adottato un provvedimento che fosse uno a beneficio di una reale pianificazione del ciclo dei rifiuti. Si continua ad andare avanti con misure provvisorie e del tutto estemporanee. In settimana, c’è stato anche chi ha proposto di derubricare i rifiuti salernitani in “speciali”, in modo da poterli smaltire presso impianti privati. Con criteri tutti da stabilire e difficilmente garantibili.
E pensare che c’è ancora qualcuno che addebita tutte le colpe a Bassolino e alla Iervolino. Sono le stesse parole che ha usato Berlusconi nelle campagne elettorali del 2009 (Provinciali), 2010 (Regionali) e di quest’anno per il Comune di Napoli. Ma anche quelle che De Luca e lo stesso de Magistris usano spesso nei loro discorsi. Bene, per rinfrescarci la memoria, lo stato d’emergenza per i rifiuti in Campania risale al 1994, quando venne nominato commissario il prefetto Umberto Improta. Nei successivi sei anni divennero commissari i prefetti Achille Catalani e Giuseppe Romano, oltre ai governatori Antonio Rastrelli (An) e Andrea Losco (Udr). Bassolino lo diventa quando viene eletto governatore, nel 2000. Meno di quattro anni e Berlusconi nomina il prefetto Corrado Catenacci (2004), a cui succedono Guido Bertolaso (2006), il prefetto Alessandro Pansa (2007), Umberto Cimmino (sempre nel 2007), Gianni De Gennaro (2008). Quest’ultimo è nominato da Romano Prodi. Da qui in poi, scatta la “rivoluzione” annunciata da Berlusconi prima in campagna elettorale, poi subito dopo l’insediamento a Palazzo Chigi: “Consiglio dei ministri a Napoli e via i rifiuti dalle strade”, disse il premier. Di sicuro, da allora, nulla è cambiato. Anzi, il ciclo dei rifiuti in Campania continua ad essere incompiuto, mancando di risultati rilevanti sulla differenziata e di impianti integrati di smaltimento. Un solo termovalorizzatore esisteva (Acerra) e uno solo c’è ancora oggi. Quelli di Salerno (prima voluto da De Luca e poi passato al centrodestra) e Napoli est sono lontani da venire, ammesso si portino a compimento gli appalti, peraltro non ancora assegnati. Le discariche sono sempre le stesse. Inutile dire che buona parte dei commissari citati sono finiti sott’inchiesta, in qualche caso anche a processo.
Ecco questa storia secondo voi quanto intreccia il proprio percorso con i tanto odiati vessilli del passato, con gli scheletri nell’armadio custoditi da Bassolino e la sua cricca? La risposta è nell’incredibile sequela di commissari e subcommissari nominati in 17 anni dai tanti governi di destra e dai pochi di sinistra, senza mai prendere seriamente di petto la questione. In tutto questo tempo, ragionevolmente, si poteva costruire qualcosa che risolvesse il problema e non che lo affrontasse sempre come una peste dalla quale scappare, lasciando sul campo i moribondi. Senza andare troppo in là con i ricordi, di sicuro si sono sciupati quasi vent’anni per non cambiare assolutamente nulla. E se Bassolino e la Iervolino hanno firmato il disastro, tutti gli altri sono rimasti a guardare lasciandoglielo fare. Da Berlusconi (1994) a Berlusconi (2011). Sarà un caso?
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pubblicato su “la Città” del 12 giugno 2011
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