Arriva con un po’ di ritardo. Sorride ma con sobrietà. Ha il profilo della persona seria, e questo lo si capisce anche ascoltandolo. Stefano Caldoro è l’uomo della svolta, come lo definiscono nel Pdl che spera di fare cappotto e prendersi anche la Regione. L’aspirante governatore si presenta in una giornata di sole, non calda ma ammiccante che distrae non poco i passanti, incuriositi dalla folla davanti all’Excelsior. A fare da apripista l’ex ministro Mario Landolfi, poi arriva Nicola Cosentino. Quel posto doveva essere suo, ma la bufera giudiziaria e le parole di Berlusconi hanno fatto il resto: «Sono contento, perché così chiudiamo un percorso politico che ci porta ad offrire un candidato condiviso dal partito e dalla base. Deluso? Ma se resto coordinatore regionale e continuo a fare il sottosegretario. Figuriamoci…».
Solo posti in piedi nella sala che si trasforma in palcoscenico per la prima uscita ufficiale di quello che Pasquale Viespoli definisce «il futuro governatore della Campania». Chi si aspetta entrate a gamba tesa o proclami resta subito deluso. Lo stile di Caldoro è lontano dall’immagine che il centrodestra ha spesso dato in questi anni. Non che sia uno capitato lì per caso, ma di certo rappresenta qualcosa di diverso. Sarà perché è socialista, come ricordano i molti ex del garofano presenti, o anche perché è giovane ma già rodato. Oppure questo è davvero il suo modo di essere, mai sopra le righe. Non tira fuori neanche la sua storia, lo fanno i commensali ma solo con brevi accenni. E’ il caso ancora di Viespoli, un altro dei papabili al trono: «Non è la rivincita di un partito solo, quello socialista, perché rappresenta più storie. E non è il candidato del centrodestra, ma il candidato di sintesi dei veri valori della Campania».
Lasciato fuori anche lo spettro del convitato di pietra, Gianni Lettieri: «Solo con una soluzione politica si potrà governare – dichiara Cosentino – L’indicazione proveniente dalla società civile non era opportuna in questo momento». Ancora più diretto lo stesso Caldoro: «Saluto l’amico Lettieri che, peraltro, non aveva mai dato la sua piena disponibilità».
Liquidati gli antagonisti, ecco il futuro. Che per Caldoro è fatto di piccole cose più che di roboanti promesse: «Non ci sarà una struttura elettorale, niente sedi e comitati. E’ una scelta diversa, di sobrietà. I punti d’incontro saranno le sedi dei partiti, i comitati civici, le associazioni di categoria. Voglio contattare direttamente le esigenze della gente. Ecco, credo che viviamo una stagione in cui la politica risulta troppo pervasiva, bisogna dare un segno di cambiamento. Chiederò a tutti i nostri candidati di evitare eccessi». Parole che provocano qualche sussulto, soprattutto tra quanti sono abituati a ragionare in numeri. Quelli il centrodestra è convinto di averli già, ora tocca costruire qualità che è la cosa più difficile. Sembra proprio questo il punto di diversità tra ilPdl e Caldoro: si passa dalla politica del consenso massiccio a quella del consenso diffuso, condiviso prima ancora che percepito. «Dobbiamo dare voce ai cittadini, alle nostre preoccupazioni e alle loro speranze. Le priorità? La sicurezza e la legalità, poi la sanità ed il lavoro. La gente sa cosa non è andato in questi anni, si sente in secondo piano e demotivata dalla cattiva politica».
Minimalista nelle scelte ma non nei contenuti, neanche gli sfiora l’idea di chi possa essere il suo avversario: «Per carità, rispetto tutti e la piena autonomia del Pd». E Berlusconi? «Non l’ho ancora sentito ma è l’uomo che più è riuscito a rappresentare l’idea di una politica moderna. Come quella di Craxi». Ed è qui che il cerchio si chiude.
pubblicato su “la Città” del 19 gennaio 2010
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