di Angelo Di Marino
Vergogna. Non esistono altri vocaboli nella nostra lingua per descrivere quanto accaduto ieri. Abbiamo assistito da svegli a un incubo, impotenti davanti a uno scempio senza precedenti. Salernitana-Nocerina passerà alla storia come l’unica partita di calcio in cui hanno perso tutti. Nei giorni scorsi ci eravamo permessi di sottolineare quanto fosse delicata la situazione, facendo il nostro mestiere che è quello di leggere il territorio per poi raccontarlo. In tutta risposta, ci siamo presi il rimbrotto di Ghirelli, direttore generale della Lega Pro, che ci accusava di catastrofismo. La speranza è che alla luce di quanto accaduto questo distinto signore di palazzo rifletta e mediti per quanto può.
La pressione esercitata da settimane su questo derby di terza serie ha dell’inverosimile, ma rispecchia esattamente quella che è la realtà del calcio calato in contesti territoriali come i nostri. Perché sia chiara una cosa: questa brutta storia è scritta da protagonisti che nulla hanno a che fare con lo sport. Si tratta brutalmente di controllo sociale esercitato attraverso la violenza. Null’altro. Chi organizza una spedizione per intimidire quella che dovrebbe essere la sua squadra del cuore non è che il peggio di quel che entra in uno stadio. Nulla a che spartire con la tanta gente per bene che esulta a un gol e si deprime per un passaggio sbagliato.
Chi scrive ha ancora negli occhi il pestaggio a bastonate subito da alcuni giocatori del Napoli durante un allenamento al centro Paradiso di Soccavo. E le bombe sotto casa di Ferlaino, l’aereo sul San Paolo (rituale ripetuto ieri) con uno striscione intimidatorio, la scrivania rifilata nelle parti basse ad Aliberti e via di questo passo. Il torbido rapporto tra tifo virale, gruppi di violenti e criminali fa parte del calcio e della sua storia più o meno recente, purtroppo. Ma è sconcertante sapere che c’è ancora qualcuno che pensa di poter far finta di niente. Organizzando incontri, vertici, filoni autorizzati, tavole rotonde per poi decidere di non decidere ed affidarsi ai numi. Chiudendo le porte solo per gli altri, innescando così il meccanismo dell’orgoglio di parte nel quale è fin troppo facile sguazzare per chi ha cattive intenzioni.
E non ci venissero a raccontare che non sapevano dei preparativi portati avanti per santificare la domenica. Del resto far volare un biplano su uno stadio è cosa che tutti improvvisano all’ultimo minuto. Così come organizzare un’allegra scampagnata da Nocera a Mercato San Severino con una insospettabile carovana composta da decine di auto e qualche furgone rigorosamente in fila indiana. Per non parlare dell’accoglienza prevista in caso di rottura degli argini o risultato avverso. Evidente che la gestione del pacchetto derby è stata portata avanti dalle tre scimmiette che non vedono, non parlano e non sentono, altrimenti non si spiega.
Sconcerta anche l’atteggiamento della Nocerina e di quei giocatori che si sono rotolati sul campo per uscire di scena e far sospendere la partita. In panchina un allenatore che fa i cambi dopo 50 secondi dal fischio d’avvio e una società che ha certificato la sua impotenza. Bisognava sì salire su quel bus ma poi fermarsi al commissariato di Nocera per denunciare tutto. Subito. La manfrina della finta partita è stata invece la mazzata finale alla credibilità di un club centenario che rappresenta una fetta di calcio del nostro Sud. Ci sono molti modi per perdere, quello scelto ieri è sicuramente il peggiore.
Non è solo un derby ad essere finito male senza mai essere iniziato. È come avere la certezza di essere tornati nelle mani dei guappi. Di cartone.
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pubblicato su “la Città” di lunedì 11 novembre 2013
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