di Angelo Di Marino
Boffo. Berlusconi. Feltri. Vaticano. Governo. Cognomi e parole nel frullatore in un’estate fin troppo rovente che continua a proporci, nella sua coda più avvelenata, un cocktail mefitico ed imbevibile. C’è chi dice si tratti solo dell’antipasto ad una nuova stagione di ombre e nerofumi. Preferiamo credere si tratti dell’ammazzacaffè. A uscire massacrata da tutto ciò è l’Italia, o meglio la sua immagine. Soprattutto all’estero, dove fanno finta di non conoscerci quando le cose vanno male, salvo prenderci a pacche sulle spalle nei momenti in cui facciamo comodo. Non siamo ancora arrivati alla P38 nel piatto di spaghetti, che tanto fece inorridire qualche lustro fa, ma vedrete che dalle copertine un po’ più soft di questi giorni a quelle grevi il passo sarà assai breve.
Leggendo un po’ di giornali stranieri ci si rende conto che stiamo messi male. I francesi, anche quelli più moderati ed equidistanti, parlano di “pasdaran al servizio del premier”, formulando un’equazione che ci mette alla berlina. Per non parlare degli inglesi e degli americani, la cui vena sarcastica nei confronti dei personaggi pubblici di casa nostra pare sia inesauribile. Non possiamo far finta di niente, anche perché mettere la testa sotto la sabbia servirebbe davvero a poco in un’epoca in cui il confronto con il resto del mondo è pane quotidiano. Siamo europei prima che italiani, cittadini del mondo e poi meridionali. Almeno sulla carta, visto che la realtà poi è un’altra.
Quello che fa più rabbia è che la nostra Italia, quella vera, non è così. E’ diversa. Migliore. Tutti i giorni ci scontriamo con la precarietà e i disagi di chi lavora, di chi vorrebbe lavorare e di quanti un lavoro non ce l’hanno e vorrebbero averlo prima ancora di perderlo. Sono italiani che sudano, forse bestemmiano, di certo si dannano l’anima per tirare avanti. Così come sono italiani di questa Italia quelli che le mani se le sporcano lavorando e non contando i soldi, salvo poi lavarsele senza però scrollarsi di dosso responsabilità e problemi. E italiani sono anche quegli amministratori pubblici, oltre che politici, che in qualche modo cercano di dare un volto migliore alle proprie città ed ai territori che governano. Lo fanno spesso puntando al buio, non sapendo su quale aiuti contare e scommettendo in proprio. Questo è sicuramente il caso di Salerno e della sua provincia, dove molti sono gli esempi di buon governo. Spesso legati agli uomini, raramente alle casacche politiche che indossano. Ha ragione il segretario del Pd, Dario Franceschini, quando pretende dai suoi una forte discontinuità tra passato e futuro, in questa Campania dilaniata da problemi mai risolti. Peccato non individui chi possa rappresentare il punto di rottura tra vecchio e nuovo, ma questi sono dettagli. E fa bene il centrodestra a puntare (se lo farà) sul volto della Carfagna, che sarà pure ministro ma rappresenta il mondo dei giovani e dei meno considerati, categorie numericamente rilevanti nella nostra regione.
Ci chiediamo se questi politici, già proiettati verso le elezioni che si terranno a marzo prossimo, saranno in grado di interpretare la vera Italia, la nostra. Manca meno di quanto si possa credere alle elezioni dell’equinozio di primavera. Avranno il tempo i soliti tromboni della politica per fare delle scelte una volta tanto oculate, oppure si arrovelleranno per mesi e stagioni alla ricerca di equilibri impossibili e poltrone succulente? State pur certi che la strada percorsa sarà sicuramente la seconda. Nel centrosinistra si profila una nuova resa di conti, in occasione del congresso del Pd. Solo dopo ci saranno le scelte. In Campania saranno le primarie a determinare il nome del candidato presidente. Ricordate come andò l’ultima volta? Pacchi di schede ritrovate nel salotto di De Mita e risultato, caso unico in Italia, svelato dopo un mese e più. Ridicolo. Pensate: Vincenzo De Luca per candidarsi alla Regione dovrebbe schivare più ostacoli nel Pd di quanti ne incontrerebbe duellando direttamente con il centrodestra. Nel frattempo saremo arrivati a gennaio, o giù di lì. In due mesi l’ipotetico successore di Bassolino dovrebbe mettere le gambe in spalla e farsi conoscere da tutta la Campania. Mica bruscolini. Tempo perso. In fondo, siamo sempre italiani.
pubblicato su “la Città” del 6 settembre 2009
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