Fini-Berlusconi: crisi politica o divorzio all’italiana?

di Angelo Di Marino
Lo spettacolo non è dei migliori. Fini e Berlusconi regolano i conti in diretta televisiva, Bossi alza il tiro e così il Pdl si ritrova in braghe di tela. Brutta storia, soprattutto per il premier che con il popolo delle libertà credeva di aver trovato la quadratura del cerchio. Invece in politica niente si unisce, ma tutto si può dividere. Quello che sembrava un patto di sangue tra i fondatori, si è trasformato in un ménage à trois insostenibile. La domanda che ci si fa è quella classica: cosa succederà? Logica imporrebbe il rimescolamento delle carte, fatalmente vincolato ad un nuovo passaggio per le urne. Ma le elezioni anticipate sono uno spettro che dovrebbe inquietare, vista la situazione in cui versa il Paese. E’ proprio la tempistica di quanto sta accadendo nel centrodestra che sconcerta. La nostra economia non ha fiato, il Sud soffre come mai negli ultimi trent’anni, le emergenze sono il nostro pane quotidiano e le famiglie a forza di tirare la cinghia stanno per esplodere. In questo panorama, chi governa si permette il lusso di litigare, di tirare fuori spaccature e correnti manco fossimo nell’era delle vacche grasse, quella della Prima repubblica, dei pentapartiti, dei congressi e dei governi-ombra. A quell’Italia le cose, tutto sommato, non andavano poi così male. C’era la lira a fare da parafulmine, i carrozzoni statali vivevano il massimo splendore e ai semafori non c’erano i lavavetri. Ma adesso quegli stessi italiani hanno trent’anni in più, molti debiti, poche certezze e dei figli che manco sanno di cosa stiamo parlando.
Ecco, stupisce (ma in fondo non dovrebbe) come la spaccatura insanabile nel centrodestra che governa si stia consumando adesso. La verità è che, soprattutto all’indomani dell’ultima tornata elettorale, si è alzata e non di poco l’asticella. Il peso specifico conquistato dalla Lega, con un’azione sul territorio che è paragonabile a quella dei partiti popolari di vecchio stampo, rappresenta plasticamente lo spostamento dell’ago della bilancia nel Pdl. Non c’è ragion di stato che tenga, poi, davanti all’orgoglio degli uomini. Per questo Berlusconi e Fini, visti l’un contro l’altro armati alla direzione del Pdl, sembravano più degli amanti gelosi che dei politici di lungo corso.
E dall’altra parte cosa succederà? Refrattari alle novità, questa crisi ai democratici rompe non poco le uova nel paniere. Chissà come, si stavano abituando all’idea di essere opposizione. Dopo estenuanti sedute di psicoterapia e training autogeno, si ritrovano a dover pensare addirittura ad una ridiscesa in campo credibile. Roba da far tremare le vene ai polsi a questo centrosinistra senz’anima. Infatti l’unico nome che circola in queste ore come candidato premier della coalizione è quello di Tonino Di Pietro, l’uomo di Mani pulite. Che di mal di pancia al Pd ne ha fatti venire parecchi e che, ci perdonino per l’equazione, sta al centrosinistra come Bossi sta al centrodestra.

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