Aveva lasciato Napoli per tornare a casa. In Spagna, al Real Madrid. Sei mesi esatti per cullare un sogno e, soprattutto, inimicarsi tutti: giocatori, media e tifosi. È quanto è durata la parabola di Rafa Benitez, esonerato dal Real Madrid dove era arrivato – e non certo in pompa magna, vista l’acclarata disaffezione del tifo merengue che non ha mai smesso di amare Carletto Ancelotti, il tecnico della Decima – il 3 giugno scorso, quando fu ufficializzato il suo arrivo al Bernabeu. Il presidentissimo Florentino Perez ha resistito finchè ha potuto, addirittura rischiando di inimicarsi qualche big dello spogliatoio («O io o lui», le parole di Cristiano Ronaldo riportate dai media spagnoli), ma alla fine ha dovuto cedere: Rafa Benitez se ne va e al suo posto arriva Zinedine Zidane, allenatore del Castilla, la squadra B dei madrileni, uno che a Madrid in 5 anni ha vinto tanto, conosce tutti e ha lasciato il segno. «Zidane sa cosa significhi essere qui. Sa della passione e del lavoro che richiede la panchina del Real. Conosce il club, tutti i giocatori e ha sempre saputo affrontare con successo le più grandi sfide. Zidane è una leggenda per i nostri tifosi e questo è un gran giorno per il madridismo», le parole del presidente.
All’ex tecnico del Napoli è stato fatale il pari domenica sera al Mestalla contro il suo Valencia, la squadra che aveva allenato dal 2001 al 2004 e che lo aveva fatto conoscere a tutta Europa, ma l’esonero parte da più lontano, forse dall’umiliante 4-0 subito nel Clasico al Bernabeu il 21 novembre e dalla cattiva gestione dello spogliatoio che non ha mai dimenticato Ancelotti. Insomma, nonostante lo pesante sponsorizzazione presidenziale, il feeling tra Benitez e i blancos non è mai stato granchè, anzi a dirla tutta non è mai decollato e se poi ci si aggiungono i risultati poco esaltanti (dopo il pari del Mestalla il Real è a -4 dall’Atletico ma potrebbe arrivare a -5 se il Barca vincerà il recupero col Gijon), un gioco non altezza della tradizione Real e i mal di pancia dei giocatori più rappresentativi, l’uscita di scena suona forse traumatica, ma certo non sorprendente.
Al suo posto arriva un grande ex, Zinedine Zidane, che da calciatore ha portato lustro e titoli al club ma che adesso deve far vedere di avere lo stesso dna anche in panchina: intanto, ha l’autorevolezza necessaria, figlia di una carriera formidabile, per guadagnarsi il rispetto dello spogliatoio e del Bernabeu, anche se non ha nessuna vera esperienza in panchina, dato che il Castilla non è altro che una sorta di squadra Primavera. «Ci metterò tutto il cuore per fare andare tutto bene», le prime parole del francese arrivato a sorpresa assieme a Florentino Perez in conferenza stampa. «Voglio ringraziare il club, il presidente per l’opportunità che mi dà di allenare questa squadra», ha aggiunto emozionato prima di evocare l’orgoglio madridista: «Abbiamo il miglior club del mondo, la migliore tifoseria del mondo e quello che io voglio provare a fare è il meglio possibile: vincere subito. Credo che tutto andrà bene a iniziare da domani quando insieme alla squadra cominceremo a lavorare. Per me è un giorno importante – chiude – e c’è un po’ di emozione, ma lo era stato anche quando sono venuto qui da giocatore, ma già domani sarà diverso».
Per Rafa Benitez solo poche parole di commiato («È persona magnifica e grande professionista, siamo contenti del suo impegno», il laconico saluto di Perez) e zero rimpianti. E sicuramente – paradosso della storia – l’ex Napoli ricorderà con più effetto lo striscione esposto domenica sera al Mestalla («Ci hai regalato gli anni migliori delle nostre vite, grazie Rafa!»), dove non è stato mai dimenticato, anche se stavolta ricorderà Valencia come la fine di un sogno.
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