Migliaia di persone in piazza a Roma per il Family day. E’ l’immagine più eclatante e al contempo più stridente di questi giorni. Eclatante per il numero di persone coinvolte dai movimenti cattolici e dalle parrocchie nella kermesse del Circo Massimo. Stridente perché sembra la contrapposizione mediatica del percorso istituzionale che sta seguendo l’ormai famoso disegno di legge sulle unioni civili. Detta in questo modo, sembra quasi che da un lato ci sia la Chiesa e dall’altra la politica. Ma non è proprio così.
Proviamo a ricostruire i fatti. E’ sbarcato giovedì scorso al Senato il testo presentato della senatrice Cirinnà del Partito democratico. Un documento preliminare ad una legge che “introduce l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale, disciplina le modalità per la costituzione delle unioni civili e ne delinea le cause di impedimento, permettendo alla parte dell’unione civile di ricorrere all’adozione non legittimante nei confronti del figlio naturale dell’altra parte” (la cosiddetta stepchild adoption). Inoltre, definisce la convivenza di fatto stabilendo “doveri di reciproca assistenza, diritti di permanenza nella casa comune di residenza, l’obbligo di mantenimento in caso di cessazione e parifica i diritti del convivente superstite a quelli del coniuge superstite”.
Con i formalismi tipici della politica nostrana, si mette nero su bianco qualcosa che, probabilmente, il Paese reale ha già metabolizzato da tempo. E sì, perché ancora una volta il problema è rappresentato più che dalla congruità della proposta di legge dalla distanza che intercorre tra la politica dei partiti e gli italiani. E tra la stessa religione e i partiti che non perdono la cattiva abitudine di farsi politica addosso.
Qualche statistica ci può aiutare a capire ancora meglio. Secondo il Rapporto Eurispes 2016, la stragrande maggioranza degli italiani si dice favorevole alla tutela giuridica delle coppie di fatto, indipendentemente dal sesso, e la metà circa dice sì al matrimonio tra persone dello stesso sesso. In lieve rialzo, ma non riesce ad arrivare al 30%, la percentuale di coloro che concordano con la possibilità per le coppie omosessuali di adottare bambini, mentre in tema di gestazione per altri (il cosiddetto utero in affitto) la percentuale dei favorevoli è crollata di oltre undici punti dal 2015 al 2016.
Così come i ragazzi ritengono che non serva alcun vincolo matrimoniale per ammettere l’esistenza di un’unione. Insomma, basta un tetto per fare famiglia. Su una cosa però i più giovani sembrano essere d’accordo con i promotori del Family Day: 1 su 3 non approva l’adozione di bambini da parte delle coppie gay. Eppure la maggior parte dei 1.500 intervistati da Skuola.net, circa l’85%, proviene da una bella famiglia tradizionale, e un altro 80% ha mamma e papà uniti da un matrimonio religioso.
Come si vede, quindi, l’Italia vera ha già scelto la strada da seguire e la percorre nella vita quotidiana a prescindere dalla politica. Questo significa che c’è un Paese dietro gli schemi e soprattutto c’è una realtà che è andata oltre le mosse di maggioranza e opposizione e le polemiche verbali tra fazioni fintamente l’una contro l’altra armate. Il teatrino della politica sfuma sul palcoscenico della realtà. E questo lo sa bene proprio la Chiesa, quella di Papa Bergoglio, che è davvero in mezzo alla gente e ne conosce i bisogni, le debolezze, i pensieri e le azioni.
Non è un caso, infatti, se papa Francesco si è tenuto ben più di un passo indietro rispetto al Family day e alla sua impattante fisicità, del tutto lontana da quella spiritualità nel segno della misericordia che è l’unico sentiero che il pontefice venuto dal Sud del mondo conosce e percorre a testa alta. «Che cosa farà la Chiesa se la legge passerà? Se è per questo abbiamo già perso due referendum, quello sul divorzio e quello sull’aborto. I valori non cambiano e continueremo a difenderli», ha dichiarato sorridendo monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina già assistente generale dell’Azione Cattolica, oltre che ex capo Commissione Cei per il Laicato.
Per dirla con Orazio La Rocca, editorialista del Gruppo Espresso, il Papa “ha evitato accuratamente di essere “usato” dai fautori del raduno degli ultras cattolici facendo chiaramente capire di non voler essere additato tra i sostenitori dell’iniziativa nata col chiaro intento di dare una definitiva spallata alla legge sulle Unioni civili in discussione in Parlamento”.
Ed è proprio l’uso strumentale della piazza, così come del megafono garantito dalle istituzioni, che sminuiscono non poco il dibattito e il confronto sul tema delle unioni civili. A prescindere dalla parte in cui si sta.
Le vere politiche sociali non si fanno urlando o cercando consenso ma nel silenzio di chi non ha voce e forza per poter urlare le proprie ragioni.
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Editoriale “Il Salernitano visto da fuori” andato in onda su Radio Alfa il 31 gennaio 2016
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