Non era certo la partita con l’Irlanda il nocciolo della questione. Da martedì sera, gli azzurri e noi tutti pensiamo alla Spagna. Un chiodo fisso che scatena ricordi recenti e, soprattutto, una irrefrenabile sete di vendetta (sportiva). Pur consapevoli del valore della Croazia, stavolta speravamo di scamparla, evitando l’ormai annoso rituale mai interrotto agli Europei dal 2008 ad oggi. Almeno questo è il pensiero del tifoso e forse anche dell’azzurro medio.
Non è però quello di Conte che alla Spagna invece guarda con il suo caratteristico piglio, perennemente oscillante tra l’antipatia e la sfrontatezza. Il cittì in uscita ha una certezza: per vincere devi vincere. E vincere aiuta a vincere. Cacofonia a parte, è il credo calcistico di uno che è abituato a vedere il bicchiere o pieno o vuoto, senza vie di mezzo. Ecco perché è arrivato a timbrare tre scudetti di seguito con la Juve e ora proverà a ripetersi in Premier con il Chelsea. Tra passato e futuro c’è il suo presente azzurro che, possiamo esserne certi, rappresenta l’unico pensiero, quello sì, che occupa le sue giornate. Maniacale, martellante, sempre in pressing e con un solo obiettivo: riempire il bicchiere fino all’orlo perché non sembri mai una cosa fatta a metà. E se l’Irlanda non era il nocciolo della questione, la sconfitta di Lille deve servirci da lezione. Il calo registrato in questa gara, con in campo i meno titolari, è sintomatico. La tensione è la vera forza dell’Italia. E i primi a saperlo sono proprio gli spagnoli.
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Articolo pubblicato sui 18 giornali locali del Gruppo Espresso il 23 giugno 2016
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