Il capitano giusto nel momento giusto. Simone Giannelli, solido bolzanino di 25 anni, è il leader della Nazionale italiana di pallavolo che domenica scorsa a Katowice si è laureata campione d’Europa. Lui, consacrato miglior giocatore del torneo continentale, è un ragazzo dei nostri tempi, pochi fronzoli e tanta sostanza. Talento cristallino, è un palleggiatore tra i migliori al mondo per visione di gioco, precisione e duttilità. Fidanzato con Selly, 25 anni anche lei con seconda laurea in arrivo, capitan Giannelli tifa per l’Inter e sente musica di tutti i generi. n campo ha guidato lui l’Italia dei ragazzi terribili alla vittoria, cresciuta d’un botto sotto gli occhi di Fefè De Giorgi, anche lui palleggiatore ai tempi della Generazione dei fenomeni, leggendario allenatore che, sedutosi dopo i Giochi sulla panchina azzurra, ha invertito la rotta della nostra pallavolo, passando dalla delusione olimpica al trionfo nella final four europea in Polonia. E con loro giovanissimi fuoriclasse come Michieletto, Anzani, Romanò e chi più ne ha più ne metta. Tanto sono tutti bravi.
Campioni d’Europa. E dire che da Tokyo eravate andati via a luci spente nella notte. In pochi giorni il ribaltone.
«In un mese sono cambiate tante cose. È iniziato un percorso nuovo, con un nuovo allenatore che ha scelto di portare agli Europei gente giovane. Esperienze diverse, quella degli Europei non è paragonabile alle Olimpiadi».
In un mese prima le ragazze e poi voi avete riscritto la storia della pallavolo italiana. Doppio titolo europeo, il volley abita in Italia.
«Una soddisfazione incredibile, una gioia indescrivibile. Eravamo partiti non certo favoriti, siamo tornati con la medaglia d’oro al collo. Una sensazione unica, più passano i giorni e più sto capendo che abbiamo fatto una cosa magnifica. A caldo abbiamo urlato e festeggiato, adesso è ancora più bello».
A 25 anni uno si ritrova capitano della Nazionale e non batte ciglio. Anzi, sembra esserci nato in quel ruolo.
«A Trento ero già capitano di una squadra con grandi ambizioni. Ovviamente con la maglia azzurra senti ancora di più la responsabilità ed è per questo che sia in campo che fuori cerco di gestire al meglio la leadership che deriva da un ruolo e da una fascia così importanti. E poi senti che la squadra ti dà fiducia, quindi sei ancora più sicuro. Abbiamo trovato subito il giusto equilibrio tra noi, cosa importante per un gruppo».
Agli Europei avete vinto tutte e nove le gare del torneo. Niente male davvero.
«Certo, è così. Già nella prima fase abbiamo avuto un girone difficile, lo dimostra il fatto che la Slovenia ce la siamo poi ritrovata addirittura in finale. Abbiamo giocato la nostra pallavolo, crescendo partita dopo partita. In generale è stato un torneo dal livello tecnico molto alto».
Un episodio lo ricorderemo a lungo: il time out nel secondo set della finale con gli sloveni e De Giorgi che se l’è presa per le vostre facce tristi… Come è andata?
«Sì è vero, il coach voleva spronarci e farci capire che eravamo in partita e ci stavamo giocando la vittoria agli Europei. Sapevamo però che giocando la nostra pallavolo ce la potevamo fare. Abbiamo alzato il ritmo dopo quel time out e le cose sono andate come sapete».
L’inno nazionale lo cantate sorridendo, in tutte le partite è così. L’impressione è che vi divertiate da matti in campo.
«L’inno per noi è un momento speciale che sentiamo tutti molto. Lo cantiamo insieme, ci dà una motivazione davvero unica. È come se quella carica ci rimanesse poi per tutta la partita. Il divertimento c’è e forse anche la sfrontatezza, la verità è che quando vinci tutto sembra più semplice, soprattutto per chi guarda da fuori. Credo però che in campo abbiamo soprattutto messo il nostro bagaglio tecnico, abbiamo costruito una cosa importante mettendo un mattone dopo l’altro. E lo abbiamo fatto noi, come gruppo e come squadra”.
Le carte d’identità parlano chiaro: vi toccano i Mondiali e poi le Olimpiadi da protagonisti. Siete pronti?
«Bisogna analizzare bene che cosa fare per il nostro percorso futuro. Sì, abbiamo vinto ma dobbiamo restare con i piedi ben saldi a terra. Il livello è molto alto, le differenze tra le varie nazionali sono in molti casi davvero minime. È un processo molto lungo che va coltivato, giorno dopo giorno. Dobbiamo pensare alla pallavolo e a divertirci giocando e stando insieme».
Pragmatico, quasi non c’è da credere che lei abbia pianto in mondovisione.
“È vero, ho pianto come un bambino mentre mi intervistavano in tv subito dopo la finale. Non mi era mai capitato, però in quel momento sentivo una emozione davvero indescrivibile. Ho tanta voglia di giocare, di allenarmi, di divertirmi. Penso a tutti i sacrifici e capisco che ne vale la pena. Non vedo l’ora di ricominciare».
Tra videogiochi, musica e tanta pallavolo l’Italia agli Europei è diventata soprattutto un gruppo. E lei ne è il punto di riferimento.
“È il punto di forza di questa Nazionale, siamo riusciti a vincere anche perché eravamo un gruppo solido. Abbiamo condiviso tante cose, compreso lo svago. Ai videogiochi per la verità mi prendono in giro perché perdo sempre contro Michieletto e Recine alla playstation. Penso che l’amalgama sia stato importante, non abbiamo vinto solo per quello ma ci ha sicuramente aiutato a raggiungere questo risultato».
Lei ha 25 anni, quindi rientra a pieno titolo nella Generazione Z della quale tanto si discute nel nostro Paese. Pallavolo a parte, che cosa significa avere vent’anni in una realtà come quella italiana?
«Sono ancora giovanissimo, sono contento di aver raggiunto questo risultato così giovane. Cerco di dare il mio contributo e di essere anche un esempio rispetto a chi mi guarda giocare. Per me è importante avere un comportamento e una leadership tale da essere preso come esempio da qualcuno. È una cosa che mi fa piacere. In un Paese come il nostro è sicuramente una responsabilità, la sento anche se sono un venticinquenne. Cerco di comportarmi al meglio proprio per questo».
Non sappiamo quando la pandemia verrà sconfitta ma in questi mesi ci ha segnato parecchio. Quanto le è costato il lockdown e che cosa ha cambiato nella sua vita?
«Stiamo vivendo ancora una realtà strana e difficile che sicuramente ci ha cambiato. Il lockdown è duro per tutti quanti, personalmente mi ritengo fortunato innanzitutto perché sono stato sempre bene. La salute prima di tutto, come si dice. Ed è vero. Penso alle tante persone che sono state male e che purtroppo hanno perso la vita a causa della pandemia. Abbiamo forse imparato a percepire meglio certe cose. La lotta al virus ci ha portato ad avere un diverso approccio mentale rispetto alle cose. Penso per esempio a quello che più direttamente mi riguarda: campionato bloccato, Olimpiadi slittate di un anno. Tanta difficoltà per gli atleti che hanno magari dovuto rinunciare ai Giochi o proseguire sforzi e sacrifici ancora per un anno. Decisioni da rispettare però quelle prese per fermare una parte dell’attività sportiva, non si poteva che fare così per tutelare la salute di tutti».
Tra raduni, Olimpiadi ed Europei voi della Nazionale siete costantemente sotto controllo per il Covid. È la dimostrazione di come il virus possa essere tenuto a bada, eppure da noi si discute su Green Pass e vaccini. Che cosa ne pensa?
«Noi siamo costantemente tenuti sotto controllo, tra tamponi e vaccini oltre alle consuete misure di sicurezza come mascherine e distanziamento. Spero che gradualmente, come già sta accadendo, si possa tornare alla nostra vita, quella normale intendo. Penso che con i comportamenti giusti si possa uscire da questa situazione. Mi spiace quando sento ancora discussioni sul Green Pass quanto sui vaccini. È scontato invece che vaccinarsi sia un gesto d’amore verso se stessi e gli altri. Bisogna aver fiducia nel Comitato scientifico, vaccinandoci tutti si abbassa il rischio di essere contagiati da un virus che, ricordiamolo bene, è letale. Oltre a contribuire ad abbassarne la diffusione. Il Covid non sparirà, però questi comportamenti ci consentiranno di uscirne al più presto tutti insieme».
Un pensiero alle ragazze che sul tetto d’Europa ci sono salite 15 giorni prima di voi.
«Le ho seguite, ho tifato come un pazzo per loro. Sono una gran squadra. Ci hanno dato speranza e trasmesso tanta voglia di fare bene».
La grande estate dello sport italiano può essere l’inizio di una nuova stagione, con più praticanti e meno ostacoli?
«Spero che quello che hanno fatto il calcio, la pallavolo, le medaglie all’Olimpiade rappresenti un volano per avere sempre più praticanti, a prescindere dalle discipline. Lo sport crea cose belle e la speranza è che sempre più persone nel nostro Paese scendano in campo».
Come dare torto al capitano. —
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Articolo pubblicato su Specchio settimanale de La Stampa del 26 settembre 2021
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